Giovani e Free-Party

Davanti a determinati episodi che risaltano nelle notizie di cronaca ma che si contraddistinguono come fenomeni giovanili è importante tentare di analizzarli per evitare facili pregiudizi e visioni dettate da stereotipi. Le giovani generazioni con le loro abitudini, i loro slang, i loro modi di approcciare il mondo, le relazioni e il divertimento sono in costante cambiamento, nell’era digitale dove tutto muta e si amplifica con estrema velocità.

A marzo 2017, notizie sui giornali locali bolognesi hanno riportato dello sgombero da parte della polizia di un “rave” all’interno dell’ex caserma Perotti in via Marx. Le notizie dei giornali riportano il forte disagio dato dal rumore della musica fino a mattino inoltrato, dalla presenza di tanti giovani con abbigliamento particolare e da un loro probabile uso di sostanze. Più in generale forte è la tendenza dei mass-media a riassumere eventi similari con parole quali incidenti, sgombero, denunce, infrazioni, sequestri di droga. Questa rappresentazione tende a scontrarsi con la visione dei ragazzi che partecipano a eventi percepiti e vissuti come momenti di vita, ricercati anche come nuove esperienze e ad alto contenuto simbolico. Come rendere vivo un luogo abbandonato, allontanandosi dalla precedente destinazione d’uso, caratterizzandolo come spazio libero, spazio di socializzazione, spazio di sperimentazione di altro rispetto la quotidianità per un tempo definito e in una determinata maniera e ritualità connessa.

Che cosa è un rave party? Da un interessante  e curato approfondimento di Internazionale citiamo [“Certamente esiste un problema di ordine lessicale: il “rave party” nasce alla fine degli anni ottanta in Gran Bretagna all’interno della scena acid house, ma i locali chiudono troppo presto e così gli eventi escono da lì e cominciano a occupare fabbriche abbandonate, capannoni industriali dismessi: d’ora in avanti si chiameranno “free party”].

Vediamo come i rave non sono nati negli ultimi anni, ma hanno una storia ormai di due decenni, nascono infatti in Inghilterra alla fine degli anni novanta, come sottocultura in rottura con lo standard di divertimento delle discoteche, dei club. Tra le caratteristiche principali che hanno denotato questo movimento culturale e musicale ci fu la decisione di organizzare delle feste in luoghi abbandonati come ex fabbriche oppure spazi all’aperto lontani dal contesto urbano, che vennero chiamati TAZ (Zone Temporaneamente Autonome).

Queste feste si sono poi diffuse velocemente in tutta Europa, soprattutto prendendo la forma itinerante dei travellers che con i loro camper/furgoni portavano le feste in giro per i vari paesi, soprattutto nell’Est Europa post crollo del muro di Berlino, dove le popolazioni avevano vissuto anni di oppressione e dittatura, e questi ragazzi si proponevano principalmente di portare loro delle forme di divertimento libere da regole imposte.

La filosofia di fondo infatti è sempre stata quella di creare degli spazi di libertà dalle restrizioni che impone la società, sia economiche (le feste sono per lo più gratuite) sia sociali e moralistiche, andando a costruire una socialità ‘altra’ in cui vengono contenute le diversità e nella quale il consumo di sostanze non venga giudicato ma considerato come un’alterazione di coscienza, parte di una specie di rituale in cui la musica permette di distaccarsi dalla vita quotidiana.

Per quanto riguarda l’utilizzo di sostanze nel libro Muro di casse l’autore Vanni Santoni dichiara senza giri di parole il presupposto di queste feste: “Le sostanze sono parte della festa quanto la musica e la messinscena”. Nell’evoluzione del fenomeno sono cambiate anche le sostanze che hanno caratterizzato questo ambiente, agli esordi  Mdma (o ecstasy) e Lsd, alla fine degli anni novanta sono arrivate ketamina e speed (amfetamina), con il nuovo millennio il policonsumo è probabilmente la caratteristica principale, non solo di questi contesti ma, più in generale, di chi consuma sostanze nei festival musicali, nelle discoteche, nei “free party”.

Ad oggi i “free party” continuano a vedere la presenza di molti ragazzi e sono frequentati in modo trasversale dai giovani, in quanto fenomeno ormai entrato a far parte della cultura giovanile generando negli anni anche documentari e libri che descrivono molto bene la storia del fenomeno giovanile.

 

Documentari consigliati:

World Traveller Adventures (2005)

Il respiro del mostro, Andrea Zambelli (2011)

Libri consigliati:

Syd B, Tekno Free Doom, NoBook, 2015

Alessandro Kola, Kernel Panik, Sound against system, NoBook, 2015

Tobia D’Onofrio, Rave new world. L’ultima controcultura, Agenzia X, 2015

Vanni Santoni, Muro di casse, Laterza, 2015

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