CANNABIS ADVISOR

Cos’è CANNABIS ADVISOR?

Cannabis Advisor è un portale dedicato al mondo della cannabis che fornisce informazioni utili ad ampliare le conoscenze riguardo questa sostanza e a comprenderne l’utilizzo da parte dei giovani. In particolare ci si rivolge ad adulti, genitori, parenti e caregiver che desiderano avere maggiore chiarezza e qualche strumento in più per sostenere i giovani durante lo sviluppo e per confrontarsi con loro in modo consapevole su un tema così dibattuto.

Cannabis Advisor, oltre a moduli informativi e News, fornisce un sostegno concreto. I dubbi, i problemi, le richieste di approfondimento, possono trovare ascolto e supporto da parte di educatori e psicologi esperti tramite la consulenza online e telefonica nelle sezioni dedicate alle vostre domande.

Il nostro obiettivo è fornire informazioni valide e sostenere gli adulti nel loro ruolo educativo nei confronti dei giovani sul tema del consumo di cannabis.

I cannabinoidi sono tra le sostanze psicoattive più utilizzate al mondo, particolarmente tra adolescenti e giovani adulti. I cannabinoidi di origine naturale sono derivati dall’essiccazione o lavorazione delle infiorescenze della Cannabis Sativa o Indica, arbusti annuali con foglie frastagliate che possono raggiungere il metro di altezza. Queste piante esistono in molteplici varietà e sono utilizzate dall’uomo da millenni per scopo ricreativo, medicinale, cerimoniale, religioso o meditativo. Ma i cannabinoidi possono  anche essere classificati come “sintetici”: si tratta, in questo caso, di sostanze chimiche prodotte in laboratorio che mimano l’effetto psicotropo dei composti naturali.

Ma quali possono essere i prodotti di lavorazione della cannabis? Il prodotto principale e più comune è la marijuana, il risultato dell’essiccazione di foglie e infiorescenze della pianta. Si presenta come una mistura erbacea o con piccoli rametti muschiati di colore dal verde al marroncino. Altro derivato tipico è l’hashish, ottenuto dalla resina delle infiorescenze femminili, riconoscibile dalla consistenza plastica e modellabile e dal colore marrone scuro.

Come possono essere assunti? Il metodo più comune di assunzione di cannabinoidi è fumandoli, mischiati a tabacco nelle classiche “canne” o “spinelli”, oppure fumati tramite utensili appositi come pipe o “bong”. Altra modalità può essere l’ingestione tramite prodotti alimentari appositamente cucinati, a partire da procedure specifiche di estrazione del principio attivo dalla base erbacea. Esistono però molteplici modalità di assunzione dei cannabinoidi: considerando quelli a uso medicinale, possono andare dalla somministrazione di gocce sublinguali alle supposte rettali.

Le differenze tra i prodotti della lavorazione della cannabis non consistono esclusivamente nella modalità in cui appaiono o vengono consumati ma, soprattutto, per la concentrazione dei principi attivi in essi contenuti, in particolare il Delta 9 Tetraidrocannabinolo, noto come THC, il principale responsabile dell’effetto psicoattivo. La concentrazione di THC varia considerevolmente tra i diversi cannabinoidi. Nono solo: la presenza del principio attivo nelle piante di cannabis è notevolmente aumentata negli ultimi decenni a seguito dell’introduzione e selezione di nuove piante più performanti.

Come agisce il THC sul cervello? Il THC e le centinaia di altri principi attivi contenuti nella cannabis agiscono, una volta immessi nell’organismo, legandosi a specifici recettori neuronali. Normalmente questi recettori hanno il compito di ricevere segnali dall’organismo e regolare la cascata di reazioni elettrochimiche che consente ai neuroni di comunicare e di esprimere la loro funzione. A specifico segnale quindi, semplificando, segue una risposta specifica. I principi attivi della cannabis, in elevate concentrazioni, si intromettono però in questo equilibrio alterando la comunicazione neuronale ed esprimendo i loro effetti su cervello ed organismo; effetti che possono essere sia desiderabili sia spiacevoli.

L’uso così diffuso della cannabis si spiega, senza dubbio, dai molteplici effetti che vengono percepiti come desiderati, positivi e quindi ricercati; questo principalmente poiché la sua assunzione è associata a una generale sensazione di benessere psicofisico. Gli effetti ricercati possono essere molteplici, come:

  • moderata euforia e disinibizione: permettono di facilitare i rapporti interpersonali, la loquacità e l’ilarità;
  • sensazione di distensione e rilassamento: uno stato di tranquillità e pace che favorisce la soppressione di stati emotivi spiacevoli;
  • alterazione dello spettro percettivo e del tempo: i moderati effetti psichedelici possono alterare esperienze percettive rendendole insolite e più interessanti, il tempo inoltre sembra scorrere più lentamente;
  • alterazione del pensiero: i legami ideativi si allentano e si ha la percezione che le idee si susseguano rapidamente, anche se a discapito dei nessi logici.

Quali sono però le motivazioni che portano i giovani al consumo di cannabis? Gli effetti elencati, per quanto possano essere percepiti come desiderabili, non giustificano a pieno la motivazione di un adolescente o un giovane adulto al consumo di cannabis. La sostanza e il suo consumo di fatto si combinano alle necessità del giovane nel suo specifico contesto di vita, in continua costruzione. Il consumo può essere quindi sporadico o protratto, esplorativo o abitudinario, lieve o grave sulla base delle motivazioni che, nella loro mutevolezza, spingono la persona a farne uso. Le principali motivazioni al consumo, all’infuori della dipendenza dalla sostanza stessa, possono essere le seguenti:

  • sperimentare: il consumo in questi casi è principalmente occasionale, guidato dalla curiosità e dall’esplorazione, aspetti che caratterizzano l’età adolescenziale e i giovani adulti nella fase di ricerca o consolidamento della propria autonomia e identità;
  • divertirsi e provare sensazioni forti: un bisogno di evadere dalla routine e dalla noia del quotidiano, spingendosi verso esperienze stimolanti e gratificanti nell’immediato, dispensandosi momentaneamente dagli obblighi quotidiani e dalla progettualità;
  • conformismo: questa motivazione racchiude la necessità del giovane di aumentare la propria somiglianza con il gruppo di pari, anche mediante il consumo di cannabis, al fine di aumentare la coesione con un gruppo ed evitare le spiacevoli conseguenze dell’esclusione;
  • migliorarsi: il consumo di cannabis in questo caso è un mezzo per favorire lo sviluppo o il potenziamento di alcuni aspetti della propria vita: le relazioni interpersonali, le attività quotidiane perché siano più stimolanti, l’immagine di sé affinché sia più desiderabile;
  • regolare le emozioni: i giovani possono essere motivati al consumo per facilitare l’esperienza di emozioni positive a discapito di vissuti di rabbia, frustrazione, ansia e depressione che causano disagio. Il consumo in questo caso si installa come una strategia.

Gli effetti, sia desiderati che non, si possono presentare nell’arco di minuti e permanere per circa 3-4 ore se la cannabis viene fumata; differentemente, se ingerita, possono occorrere molte più ore per raggiungere il picco massimo di effetto e per la sua successiva scomparsa. Inoltre, essendo la maggior parte dei cannabinoidi liposolubile (THC compreso), gli effetti possono persistere o ripresentarsi nell’arco di 12-24 ore a seguito del lento rilascio da parte del tessuto adiposo.

I principi attivi della cannabis agiscono su un complesso sistema di endocannabinoidi situato in molteplici aree dell’organismo e del cervello, alterandone le funzioni e di conseguenza producendo una consistente mole di effetti. Tali effetti sono però estremamente variabili in quanto influenzati da molteplici fattori, come le caratteristiche della sostanza, la sua modalità di assunzione, le caratteristiche dell’individuo che usa (fisiologia, umore, aspettative), il contesto in cui è assunta e la presenza di sensibilità o tolleranza agli effetti stessi. I principali effetti avversi della cannabis, nonostante risentano di questa variabilità, sono stati individuati dalla ricerca scientifica e per comodità possono essere suddivisi  tra effetti acuti ed effetti cronici.

Gli effetti acuti (o a breve termine) si presentano generalmente dal momento dell’assunzione della sostanza e possono perdurare per diverse ore fino a un sostanziale smaltimento dei principi attivi. Sono effetti quindi di durata limitata e reversibili ma che possono ugualmente arrecare disagio al consumatore. Tra i principali effetti acuti si possono considerare:

  • lievi alterazioni fisiologiche. Alcuni segni frequenti sono la presenza di occhi rossi (iperemia congiuntivale), secchezza delle fauci, un lieve aumento del battito cardiaco o tachicardia, irritazione delle vie aeree con conseguente tosse (se fumata) e una sensazione di calore (soprattutto nella parte del volto) con sudorazione. Comune tra i fumatori neofiti è l’abbassamento repentino della pressione con sensazione di svenimento; l’assunzione è inoltre solitamente accompagnata, nelle ore seguenti, da un aumento dell’appetito.
  • Ansia e attacchi di panico. Esperienze circoscritte di forte disagio e agitazione spesso riscontrabili in consumatori novizi, occasionali o in soggetti particolarmente predisposti. Le alterazioni fisiologiche prodotte dalla cannabis, accompagnate a crescenti preoccupazioni catastrofiche, possono amplificare l’attenzione alle sensazioni corporee stesse e alimentare un circolo vizioso di ansia e sintomi crescenti fino a sperimentare uno stato di forte ansia, sopraffazione e perdita del controllo.
  • Compromissione di funzioni cognitive. La riduzione dell’attenzione e della memoria sono segni distintivi dell’uso di cannabis, corroborati dalla ricerca. In particolare si può riscontrare una compromissione della capacità di mantenere informazioni nel breve termine e di dirigere, sostenere e focalizzare l’attenzione. Tali effetti ostacolano momentaneamente l’elaborazione di processi mentali complessi e la capacità di apprendimento, fondamentali nel contesto scolastico e lavorativo.
  • Compromissione della funzione motoria. Si può riscontrare una riduzione momentanea dei tempi di reazione, della velocità di elaborazione delle informazioni e della coordinazione motoria. Questi effetti aumentano il rischio di incidenti, in particolare quelli stradali; rischi che accrescono se associati a un elevato tasso di THC consumato e all’inesperienza del giovane guidatore.
  • Compromissione del processo decisionale. L’euforia e il senso di grandiosità associate al consumo di cannabis comportano un calo momentaneo del ragionamento critico e della capacità di giudizio. L’impulsività contingente può portare alla messa in atto di comportamenti a rischio (come rapporti sessuali non protetti o atti delinquenziali).

Gli effetti cronici (o a lungo termine) rappresentano una serie di effetti che possono persistere contingentemente o a seguito di un uso continuativo e imponente della sostanza per un lungo arco temporale. Tra gli effetti maggiormente documentati si riscontrano:

  • problemi all’apparato respiratorio. Il fumo consistente e cronico di cannabis è associato a un aumento dei sintomi di bronchite cronica, come tosse, produzione di catarro e respiro sibilante; la funzione polmonare è inoltre sensibilmente ridotta e risultano significative anomalie nelle grandi vie aeree dei fumatori di cannabis rispetto ai non fumatori.
  • Sviluppo di una dipendenza. La dipendenza da cannabis si caratterizza da un controllo compromesso dell’uso di cannabis e dalla difficoltà a cessarne l’uso nonostante gli effetti avversi. Rispetto ad altre sostanze stupefacenti la cannabis ha un potenziale d’induzione di dipendenza decisamente inferiore, tuttavia risulta il più comune tipo di dipendenza da sostanze dopo alcol e tabacco. Il rischio di sviluppare una dipendenza nel corso della vita è stimato a circa il 9% per coloro che sperimentano la cannabis; il numero sale a circa 1 su 6 tra coloro che iniziano a consumare cannabis da adolescenti e dal 25% al 50% tra coloro che fumano cannabis quotidianamente.
  • Persistente compromissione delle funzioni cognitive. I deficit nell’apprendimento, nella memoria e nell’attenzione sono riscontrati in maniera consistente nei forti consumatori di cannabis; la loro severità e persistenza si associano ipoteticamente alla durata, alla frequenza d’uso e al tasso di THC della cannabis consumata. Sussiste tutt’ora un dibattito sul fatto che questi deficit siano causati da effetti acuti della sostanza, da effetti residui o siano effetti dell’esposizione cumulativa al THC. Non è inoltre chiaro se la funzione cognitiva si riprenda dopo la cessazione dell’uso di cannabis, ma alcuni studi evidenziano un recupero di tali funzioni cognitive a seguito di periodi d’astinenza (4 settimane circa).

Le ricerche sugli effetti della cannabis sono tanto complesse quanto controverse a fronte degli innumerevoli fattori che rendono difficile stabilire un chiaro nesso causale tra la cannabis e un effetto collaterale, particolarmente a lungo termine. Possibili effetti avversi a seguito dell’uso di cannabis ancora sotto i riflettori della ricerca scientifica sono lo sviluppo di cancro all’apparato respiratorio, l’abbassamento del QI e l’abbandono precoce del percorso di studi, lo sviluppo di psicosi e l’insorgenza di psicopatologie.

Quali sono però i principali fattori di rischio per gli effetti avversi della cannabis? L’uso frequente, per lunghi periodi, di cannabis a un elevato tasso di THC e in particolare il consumo precoce durante l’adolescenza.

L’uso di cannabis da parte di una persona, giovane o adulta che sia, anche se eccessivo e smodato, non sancisce necessariamente la presenza di una dipendenza patologica. Ma allora quando un comportamento può essere considerato una dipendenza? Quando questo comportamento, o in questo caso un consumo, invece di arricchire di valore e significato la vita della persona la impoverisce nel tempo, facendola sentire intrappolata e impotente davanti all’incapacità di moderare o interrompere il comportamento problematico stesso. La condizione di dipendenza è quindi uno stato di sofferenza in cui tutti potenzialmente possono imbattersi; la dipendenza da cannabis, di fatto, può esordire a ogni età, anche se comunemente si presenta durante l’adolescenza o la prima età adulta.

La dipendenza da cannabinoidi è a tutti gli effetti una psicopatologia, inserita nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Quinta Edizione, con la denominazione di “Disturbo da Uso di Cannabis”, e si configura come una condizione caratterizzata da sintomi fisiologici, comportamentali e cognitivi che possono essere per facilità raggruppati in 4 aree fondamentali:

  • compromissione del controllo. La persona può trovarsi ad assumere cannabis per periodi o quantitativi maggiori di quelli da lei previsti e può inoltre impegnare molto tempo, nel corso della giornata, a rimediare la cannabis o a riprendersi dai suoi effetti. La persona può anche riferire un forte e persistente desiderio di ridurre o interrompere il consumo, incorrendo però in sforzi infruttuosi. Inoltre può presentare un desiderio intenso e irresistibile per la sostanza (craving), scatenato da particolari stimoli.
  • Compromissione sociale. Può essere presente un uso ricorrente di cannabis nonostante causi l’incapacità di adempiere ai propri compiti (lavorativi, familiari, scolastici) e nonostante la persona abbia rilevanti problemi sociali e interpersonali, causati o peggiorati dalla sostanza stessa. Importanti attività sociali, ricreative o relazioni affettive possono inoltre essere abbandonate o ridotte a causa dell’uso di cannabis.
  • Uso rischioso. La persona può trovarsi ad assumere cannabis in situazioni nelle quali è fisicamente pericoloso (per esempio alla guida o a lavoro) e continuare ad assumere nonostante sia consapevole di problemi rilevanti, fisici o psicologici, probabilmente causati o peggiorati dalla sostanza stessa.
  • Criteri farmacologici di tolleranza e astinenza. La tolleranza si manifesta nel momento in cui la persona ha bisogno di aumentare sempre più i quantitativi di cannabis per ottenere l’effetto desiderato, oppure quando assumendo sempre lo stesso quantitativo percepisce un effetto ridotto; ciò è dovuto a una sensibilizzazione dell’organismo. L’astinenza da cannabis è una condizione di disagio che insorge nel momento in cui una persona interrompe l’uso dopo un periodo intenso e prolungato di consumo. Può presentarsi con sintomi specifici come umore depresso, irritabilità e aggressività, ansia, nervosismo, difficoltà a dormire, perdita di appetito, irrequietezza e lieve malessere fisico. I sintomi possono durare anche per settimane e rendere difficoltosa l’astinenza.

Queste caratteristiche, utili ma non sufficienti a una diagnosi, danno un’idea della sofferenza e del disagio con cui convivono le persone affette da questo disturbo. Ma perché non tutti i consumatori di cannabis sviluppano una dipendenza? E perché, se la sviluppano, hanno caratteristiche tanto differenti? Perché la dipendenza patologica è, come ogni altro aspetto dell’essere umano, frutto della complessa interazione di molteplici fattori. Quest’ultimi, parlando di dipendenza, possono svolgere una funzione protettiva per l’individuo o rappresentare un rischio. Sono classificabili genericamente in fattori:

  • biologici: come le predisposizioni genetiche, gli aspetti del temperamento della persona, gli effetti di interazione tra organismo e sostanza.
  • Psicologici: come pensieri, comportamenti ed emozioni.
  • Socio-culturali: come le influenze che tutti riceviamo dalla famiglia, dagli amici e dal contesto culturale e sociale.

La complessità di questa condizione richiede quindi rispetto e cautela, rendendo necessarie per l’identificazione di un Disturbo da Uso di Cannabis (dipendenza) approfondite valutazioni professionali, senza saltare a conclusioni affrettate, anche se guidate da una sana e amorevole preoccupazione.

Attualmente la legislazione riguardo la cannabis, e dei molteplici aspetti a essa collegati, è in continua evoluzione. La complessità intrinseca della legge italiana rende inoltre complesso districarsi tra ciò che può essere definito “legale” o meno.

La cannabis è quindi legale? La canapa, ovvero la pianta da cui deriva la cannabis, di per sé non è illegale ma è problematica la concentrazione del THC in essa contenuta, il principio attivo che la rende una sostanza stupefacente. Il consumo o il possesso a uso personale di cannabis a elevata concentrazione di THC, come per altre sostanze stupefacenti, non è penalmente perseguibile. Il suo utilizzo può però portare a sanzioni amministrative o conseguenze più gravi in circostanze particolari (per esempio alla guida) o in caso di spaccio.

Ma qual è il confine tra uso personale e spaccio? Per quanto riguarda il consumo personale non vi sono limiti perentori oltre i quali si passa all’accusa di detenzione a fini di spaccio. La valutazione deve essere fatta caso per caso. Elemento che in sede di valutazione può portare verso il possesso ai fini di spaccio è la presenza di strumenti per pesare, tagliare o sigillare la cannabis e il possesso, oltre della sostanza stessa, di contanti non giustificabili dalla capacità reddituale. Effettivamente è stato anche stabilito un limite riguardo il tasso di THC della cannabis in possesso, che corrisponde a 500mg, ma non rappresenta un limite tassativo. Differenza sostanziale è che il possesso a uso personale può portare a sanzioni amministrative, mentre il possesso a fini di spaccio rappresenta un grave reato di natura penale.

Cosa succede se si viene sorpreso a fumare cannabis? Se sorpresi dalle forze dell’ordine a consumare cannabis, o in suo possesso, le forze dell’ordine possono procedere, in tutela della dignità della persona, con una perquisizione o ispezione al fine di raccogliere elementi per stabilire se si tratta di uso personale o spaccio. Vengono poi raccolti i dati della persona ed eventuali recapiti allo scopo di una successiva convocazione in prefettura. In questa sede è previsto un colloquio obbligatorio di valutazione del caso ed emissione delle opportune sanzioni amministrative secondo l’art. 75 del D.P.R. 309/90. Tale colloquio è seguito da una segnalazione ai Servizi per le Dipendenze Patologiche del territorio, con i quali è anche fissato un appuntamento. Il colloquio con i Servizi del territorio non è obbligatorio ed è volto alla valutazione del caso specifico, a fornire supporto e a condividere informazioni riguardo la sostanza. Cosa accade se la persona fermata è un minorenne? In casi di minori sono da aspettarsi le medesime sanzioni e procedure, ma è anche prevista la convocazione dei genitori.

Cosa accade se fermati alla guida? In caso di guida sotto l’effetto di cannabis le conseguenze sono decisamente maggiori e più gravie. Alle previsioni del D.P.R. 309/90 vanno infatti aggiunte quelle relative all’art. 187 del codice della strada, il quale prevede che “chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da € 1.500 a € 6.000 e l’arresto da sei mesi a un anno. All’accertamento del reatoconsegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata”. Inoltre, in base alla circostanza concreta in cui il conducente viene sorpreso sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, sono previsti aumenti delle sanzioni e delle pene.

L’assunzione simultanea, o in un breve arco di tempo, di più sostanze psicoattive è un fenomeno sempre più comune, particolarmente tra i giovani consumatori. Il policonsumo può essere motivato da aspettative di interazione farmacodinamica delle due o più sostanze assunte, dal tentativo di modulare gli effetti delle singole sostanze sull’organismo o promuovere effetti sinergici completamente differenti. Spesso però il policonsumo, come pratica occasionale, può presentarsi come risultato dell’influenza e della spinta sociale da parte dei pari oppure conseguente alla disinibizione e impulsività generate da una sostanza precedentemente assunta che facilita l’assunzione di un’altra in modo azzardato. L’azzardo risiede nel fatto che l’effetto risultante delle sostanze assunte non è mai semplicemente la somma dei singoli effetti delle singole sostanze, ma è il risultato di combinazioni chimiche complesse tra le sostanze e l’organismo, dando vita a esiti inaspettati. Generalmente le sostanze che spesso sono consumate in associazione con la cannabis sono: alcol, ecstasy, cocaina ed eroina.

Cannabis e Alcol. Quando si tratta di droghe, alcol e cannabis sono tra le sostanze più utilizzate. Ma cosa succede davvero quando si uniscono? Ci sono molte variabili da considerare, in particolare l’ordine in cui vengono assunte distintamente. Se non si presta attenzione, la coppia può portare a un’inaspettata e repentina virata degli effetti comunemente associati alle due sostanze, determinando situazioni di forte malessere. Inoltre è importante ricordare che le persone possono avere reazioni molto diverse allo stesso mix di alcol e cannabis. Cosa succede se si bevono alcolici prima di consumare cannabis? Bere precedentemente può intensificare gli effetti dell’erba poiché l’alcol aumenta l’assorbimento del THC mediante un’azione vasodilatatoria che ne favorisce l’assorbimento a carico degli alveoli polmonari; congiuntamente il fegato, impegnato a smaltire l’alcol, favorisce il mantenimento di un’elevata concentrazione di THC nell’organismo. Questo generalmente si traduce in uno “sballo” più forte che può accompagnarsi a sintomi fisici spiacevoli come sudorazione, vertigini, nausea e vomito. Cosa succede quando si usa cannabis prima di bere? Gli studi riguardo questa configurazione sono ridotti e controversi ma si ipotizza che la cannabis possa rallentare l’assorbimento di alcol, ritardandone gli effetti. Ad esempio, ci si potrebbe sentire in grado di guidare, ma il livello di alcol nel sangue potrebbe essere ben oltre il limite legale. L’uso precedente di cannabis inoltre favorisce uno stato di euforia e disinibizione che può tradursi in un minor controllo nell’assunzione successiva di alcolici e, abbinato all’effetto di riduzione della nausea e vomito della cannabis, può impedire all’organismo di espellere l’alcol in eccesso.

Cannabis e Cocaina. Alcune persone scelgono di usare entrambe le sostanze insieme fumando cocaina e marijuana simultaneamente o fumando cannabis prima o dopo aver sniffato cocaina. Sebbene sia comune tale mix, l’uso di entrambe le sostanze provoca gravi effetti collaterali. Le motivazioni per cui un individuo voglia usare cocaina e cannabis insieme possono essere per produrre sentimenti di euforia amplificati, oppure per sfruttare gli effetti depressivi della cannabis compensando le proprietà stimolanti della cocaina. Alcune persone usano l’erba anche per ridurre il desiderio o per alleviare i sintomi di astinenza quando si riprendono dagli effetti indotti dalla cocaina. Mischiare stimolanti e depressivi, come cocaina e cannabis, può essere pericoloso. La combinazione aumenta la probabilità degli effetti collaterali negativi di ciascuna droga. Gli effetti collaterali della cocaina includono problemi cardiovascolari come ipertensione, ritmo cardiaco anormale, infarto e ictus. Gli effetti collaterali della marijuana includono similmente un aumento della pressione sanguigna e tachicardia. Pertanto, l’uso sia di cocaina sia di erba aumenta il rischio di gravi problemi cardiovascolari. La cocaina inoltre provoca la costrizione dei vasi sanguigni, mentre la cannabis ne favorisce la dilatazione. Se usate insieme, la cannabis frena la costrizione dei vasi sanguigni indotta dalla cocaina, consentendo un più rapido assorbimento della cocaina nel corpo. Questo meccanismo si traduce in un effetto risultante più rapido e prolungato, aumentando il rischio di gravi effetti collaterali e overdose da cocaina. Inoltre, di non poco conto, è che le due sostanze, se usate insieme, aumentano il rischio di ansia grave e attacchi di panico.

Cannabis e Oppioidi (Eroina). Gli effetti sinergici ottenuti combinando queste due sostanze si sono rivelati, nella ricerca medica, essere molto benèfici per i pazienti con dolore cronico in quanto consentirebbero una riduzione delle dosi di oppioidi per fornire sollievo dal dolore, riducendo la probabilità di dipendenza di farmaci oppiacei e di overdose. Tuttavia, la cannabis e gli oppioidi hanno entrambi effetti depressivi sull’organismo e, se combinati in dosi non mediche, possono sopprimere il sistema nervoso centrale a livelli pericolosi. Ciò può comportare una riduzione delle funzioni cerebrali, bassa pressione sanguigna, sedazione estrema, coma e morte. Sfortunatamente, la combinazione di cannabis e oppioidi (sia farmaci sia eroina) tra i consumatori ricreativi è un evento comune.

Cannabis e Ecstasy. I pericoli nel mescolare ecstasy e cannabis derivano dall’imprevedibilità dei loro effetti quando combinati. Tra quest’ultimi si possono includere: episodi allucinatori o consistenti alterazioni percettive accompagnate da forti stati d’ansia e perdita del controllo;  aumento del battito e disregolazione della temperatura corporea interna, con possibile ipertermia; diminuzione della funzione di memoria (difficoltà a ricordare cose o eventi passati) e compromissione delle funzioni cognitive (apprendimento, linguaggio, memoria). Gli effetti dipendono fortemente dalle dosi delle sostanze assunte congiuntamente. La loro combinazione è risultata associata anche a una maggiore sintomatologia ansiosa e depressiva.

Come accorgersi se vostro/a figlio/a consuma cannabis?

I campanelli d’allarme che un genitore può cogliere riguardo il possibile consumo di cannabis da parte del/la figlio/a possono essere molteplici, la maggior parte dei quali riguarda gli effetti, desiderati e avversi, che possono palesarsi nel momento in cui si è sotto l’effetto dalla sostanza o ci si sta riprendendo da essa. Alcuni aspetti aggiuntivi che possono far sospettare un consumo possono essere:

  • odore peculiare di cannabis e di fumo sui vestiti o se tenta visibilmente di camuffarlo con deodoranti e profumi;
  • macchie gialle tra le dita, generalmente indicative dell’atto di fumare, non necessariamente cannabis;
  • presenza di oggetti specifici come cartine lunghe, filtri di cartone e grinder (per tritare l’erba);
  • bruschi cambiamenti nelle amicizie, nelle attività svolte nel tempo libero e nel rendimento scolastico;
  • umore facilmente altalenante, dall’apatia all’irascibilità, con aumento dei conflitti e riduzione del dialogo familiare;
  • problemi frequenti di salute come una tosse insolita, alterazione del sonno e dell’appetito.

Se si riscontrano alcuni di questi campanelli d’allarme occorre attivarsi con l’opportuna cautela. Questi segnali potrebbero essere indicativi, più che di un consumo di cannabis, dei cambiamenti sostanziali che possono avvenire, anche con una certa veemenza, durante il periodo adolescenziale in cui la persona attraversa enormi cambiamenti, esplora, lotta per l’indipendenza e struttura la propria identità. Comportarsi quindi da “segugio” può portare prontamente la “preda” a ritirarsi e scappare.

 

Qual è il vero problema?

In caso di effettivo consumo dei propri figli, spesso, concentrarsi troppo sul tema della cannabis offusca la vista da quelli che possono essere i reali problemi in sottofondo che presumibilmente sostengono e rinforzano l’uso della cannabis in un circolo vizioso. A volte è opportuno chiedersi prima di tutto “perché fa uso di cannabis?” e il modo migliore per ottenere una risposta adeguata è intavolare una conversazione con il diretto interessato. Esplorare con interesse e un atteggiamento non giudicante le opinioni, gli interessi, le amicizie, le emozioni e le preoccupazioni del/la ragazzo/a, può arricchire non solo relazione e comunicazione, ma anche la comprensione del suo contesto di vita e di come la cannabis ne faccia parte. Si può di fatto arrivare a comprendere che il vero problema non è la cannabis, ma che quest’ultima è un accessorio, una stampella per continuare a camminare e raggiungere un bisogno. Scopo del genitore è quindi sostenerlo in questi momenti di difficoltà cominciando a chiedersi “cosa vuole da me? Vicinanza? Affetto? Informazioni? Sostegno? Di cosa ha più bisogno?”.

 

Vostra/o figlia/o NON fuma?

Circa quattro adolescenti su cinque non hanno mai fatto uso di cannabis, quindi vostro/a figlio/a rientrerebbe in questa grande porzione della popolazione adolescenziale. D’altro canto l’Italia è tra i paesi europei con la prevalenza più elevata di uso abituale di cannabis in adolescenza, circa uno su dieci, alzando la probabilità che, anche se non fumatore, un/a ragazzo/a possa conoscere chi fa uso di cannabis. Probabile quindi che provi curiosità o che stia già pensando di essere disposto a provarla; tra le principali motivazioni al consumo si ricorda infatti la voglia di sperimentare e il conformismo e la spinta sociale dei pari. Anche se non fuma può quindi essere opportuno:

  • prendersi del tempo per parlare dell’argomento;
  • assicurarsi che abbia informazioni adeguate sulla cannabis, magari anche cercarle insieme;
  • chiedere e condividere i pareri riguardo la tematica ed esperienze osservate direttamente.

 

Vostra/o figlia/o fuma ogni tanto?

Accade frequentemente che il consumo di cannabis da parte degli adolescenti sia saltuario e occasionale, legato a eventi o contesti particolari, ma che non rappresenti un comportamento abitudinario o una dipendenza. In questi casi può essere utile:

  • cercare un dialogo costruttivo e approfondito senza l’intento immediato di convincere a “smettere”, cosa che porterebbe a resistenza e disaccordo.
  • Esprimere le proprie preoccupazioni e cercare di trovare un accordo comune se si percepisce che non considera il consumo come problematico e non è intenzionata/o a ridurlo. Trovare alcuni punti fermi comuni, come non aumentare ulteriormente il consumo, stare attenti se qualcosa cambia nella salute e nelle attività (anche scolastiche) e assolutamente evitare, sottolineandone l’importanza, di spacciare o mettersi alla guida sotto il suo effetto.
  • Discutere insieme dei perché e delle alternative; il consumo sporadico può essere dettato da effetti positivi in specifici contesti (divertirsi con gli amici, abbassare lo stress) e può essere utile discutere insieme di come magari ottenere lo stesso risultato con altri mezzi.
  • Capire se il consumo è sostenuto da credenze come “è legale in molti s+Stati”, “è usata anche in medicina”, “è meno rischiosa dell’alcol”; affermazioni attendibili ma che non la rendono innocua come sostanza. Utile è quindi approfondire insieme questi temi e aiutare a espandere lo spirito critico, sfatando quando è possibile i falsi miti.

 

Vostra/o figlia/o fuma spesso?

Questa condizione è una delle più delicate per un genitore poiché può porre in uno stato di continua apprensione, impotenza e timore che la salute e la vita del/la ragazzo/a possano essere irrimediabilmente compromessi. Fortunatamente gran parte degli effetti sulla salute sono recuperabili, ma l’uso continuo non è certo una questione di poco conto. Necessario è cercare di aprire un canale comunicativo proficuo e tentare di:

  • concentrare l’attenzione su quelli che sono i bisogni, le difficoltà e le problematiche che esprime (che siano o meno legate alla cannabis).
  • Dichiarare e dimostrare un supporto totale; il/la ragazzo/a può essere in parte consapevole che qualcosa non va e potrebbe essere una buona occasione per trovare piccoli obiettivi di cambiamento comuni da affrontare insieme.
  • Esprimere la vostra preoccupazione e le vostre opinioni, anche se agli occhi di un adolescente sembra che tutto ciò che i genitori pensino o facciano sia sbagliato. La vostra opinione è importante per vostro/a figlio/a, più importante di quanto lui o lei voglia ammettere; i genitori sono e rimangono un importante punto di riferimento.
  • Se serve aiuto o la situazione sembra sfuggire di mano è sempre consigliabile rivolgersi a esperti e centri specializzati, coinvolgendo anche il/la ragazzo/a in questa decisione.

 

Come parlare di cannabis in modo utile?

Il tema della cannabis può essere particolarmente difficile da intavolare con un/a figlio/a poiché le emozioni come l’ansia, la preoccupazione e il disaccordo possono prendere il sopravvento, e inoltre poiché spesso non si ha idea di come fare. Da dove cominciare? Si sta procedendo nella direzione giusta? Qualche accorgimento da prendere in considerazione può essere:

  • informarsi adeguatamente sulla cannabis prima di parlarne.
  • Scegliere un luogo e un tempo adatto. Scegliete un momento di tranquillità in cui entrambi possiate sentirvi a vostro agio e liberi di parlare (l’umore e il luogo sono elementi importanti per non far sentire il/la ragazzo/a a disagio o in “trappola”).
  • Essere aperti, interessati e pazienti; cercate di essere autenticamente curiosi, interessati alle sue opinioni, coinvolti, cercando di trattenere per quanto possibile l’impulso a giudicare o correggere (fare domande a cui non debba rispondere solo con un sì o un no aiuta ad approfondire).

Stabilire degli obiettivi o punti fermi comuni che possano servire da traccia a entrambi per salvaguardare la salute o promuovere un cambiamento.

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