Azzardo e addiction. Intervista a Matteo Iori

La redazione di Drug Advisor si interessa da tempo anche delle cosiddette new addiction, cioè di quelle dipendenze in cui non è coinvolto il consumo di sostanze psicoattive ma un comportamento. Dopo la fotografia che abbiamo provato a scattare sul gioco d’azzardo e gli adolescenti, torniamo sul tema del gambling e sulle sue derive patologiche occupandoci, in questo caso, degli interventi di prevenzione e ascolto. Da tempo, insieme ai Ser.T. che hanno preso in carico ai propri servizi da qualche anno anche i giocatori patologici, chi progetta interventi di prevenzione su questo fenomeno crescente e preoccupante si interroga su come idearli e tradurli in pratiche.
Prevenzione significa, senza dubbio, anche informazione e per questo abbiamo intervistato Matteo Iori, presidente del Conagga e direttore del centro Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia, che prevede anche una comunità residenziale per quanti hanno trasformato il gioco in patologia. Portavoce della campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, Iori è impegnato da anni nella lotta contro il gioco d’azzardo e l’illegalità diffusa che ad esso si accompagna.

Cosa si intende per gioco d’azzardo?L’articolo 718 del Codice penale definisce il gioco d’azzardo quando è caratterizzato da due elementi: si scommette denaro per vincere denaro e su un evento il cui risultato è del tutto o parzialmente legato alla sorte. Nella “vulgata” comune, per gioco d’azzardo si intendono solo alcuni giochi, ma in realtà per la legge lo sono le slot machine, la roulette, il lotto, i gratta e vinci, le scommesse sportive o ancora il bingo.

Quando si può parlare di patologia?
Molti giocano senza avere problemi, ma in maniera crescente ci sono persone che vivono un “gioco problematico”, cominciano a giocare più del dovuto ma non hanno ancora tutte le caratteristiche della malattia. Poi ci sono i giocatori patologici, che spendono più di quanto possono permettersi, trascorrono troppo tempo di fronte a una slot, per esempio, tralasciando impegni familiari, sociali e lavorativi, che rincorrono le perdite con la speranza di rifarsi, si indebitano, che in pratica rispondono agli item definiti dal manuale internazionale che raccoglie i disturbi mentali diagnosticabili.

Dove si gioca d’azzardo?
Un tempo gli ambienti erano molto definiti (casinò) e questo tutelava gran parte della popolazione. Oggi si gioca ovunque: decine di migliaia di tabaccherie, bar, sale scommesse o sale giochi. Con la legalizzazione del gioco d’azzardo on line e con l’avvento degli smartphone, inoltre, è possibile farlo con estrema facilità. Questo ha ampliato a dismisura gli ambienti di gioco, riducendo con altrettanta forza le possibilità di prevenzione e contenimento del fenomeno.

Giovani e gambling: cosa osserva?
Sono un target molto osservato e curato dalle industrie del gioco, un pubblico a cui si rivolgono tante pubblicità che propongono scommesse sportive durante le partite di calcio. Ma osservo anche che, con molta superficialità, i tabaccai si fanno poche remore a vendere gratta e vinci ai minorenni (che per legge non potrebbero acquistarli) e soprattutto che ci sono parecchi giochi che la legge non considera azzardo ma che “iniziano” i giovani ad un cambiamento culturale pericoloso. Sono le ticket redemption, macchine nelle quali si spende denaro in giochi pensati per vincere un premio o per potenziare il proprio personaggio con armi o vite supplementari. Per non parlare delle applicazioni gratuite scaricabili e pensate per bambini dai 4 agli 8 anni di slot machine. Credo si stia investendo molto sui giovani per fidelizzare nuovi clienti futuri.

Esistono giochi più stigmatizzati di altri?
Le slot machine, perché in effetti hanno caratteristiche che le rendono assai pericolose dal punto di vista dell’addiction: velocità del gioco, possibilità di rifarsi subito di eventuali perdite, mancanza del rapporto umano, coinvolgimento sensoriale, diffusione sul territorio, possibilità di gioco protratta nel tempo. Questa attenzione alle slot non trova un corrispettivo su altre tipologie non meno pericolose; di giochi d’azzardo on line si sente parlare molto poco, di gratta e vinci come rischio non si sente parlare praticamente mai e ben pochi conoscono le videolottery (vlt), macchine assimilabili alle slot dove però si perdono cifre anche tre volte maggiori.

Quali caratteristiche comuni emergono nelle storie di vita dei consumatori di gioco?
Per tutti all’inizio è piacere e divertimento, nel tempo diventa qualcos’altro: c’è chi gioca perché vuole isolarsi da tutto, chi vuole provare l’adrenalina della vincita, chi ha bisogno di denaro e spera di aver trovato un modo semplice per ottenerlo, chi vuole sfuggire alla pesantezza della quotidianità. Ogni persona trova nel gioco qualcosa di diverso, ma alla fine le storie di vita sono tutte piuttosto simili: affetti messi fortemente a rischio, lavori persi, amicizie svanite, debiti importanti e forti depressioni, ma al tempo stesso non sempre sufficiente consapevolezza di ciò che è necessario per smettere di giocare.

Ci sono connessioni tra gioco online, anche semplici videogiochi, e offline?
Alcune ricerche sottolineano quanto i giochi online non d’azzardo possano rappresentare una porta d’accesso al gioco d’azzardo per i giovani adolescenti, ma è ancora un fenomeno molto poco studiato nel nostro Paese. Credo diventerà lampante solo fra alcuni anni. Mediamente ci sono 5-6 anni di latenza prima che il gioco da “normale” diventi patologico, quindi prima di poter vedere i frutti di tutta questa esposizione dei giovani a certi tipi di gioco servirà del tempo.

Quali sono i campanelli d’allarme per un genitore?
Il fatto che il figlio cominci a giocare più tempo e soldi di quando dovrebbe, che preferisca il gioco alle attività socializzanti e che questo perduri per un lungo periodo. E poi i cambiamenti d’umore, un’irritabilità particolare, una minor predisposizione a fare le cose che un tempo lo divertivano. Va anche detto che non bisogna allarmarsi troppo: l’adolescenza è l’età in cui ci si sperimenta anche negli errori e drammatizzare le situazioni può avere l’effetto opposto e renderle più radicate. I genitori dovrebbero anche riflettere su come parlano al proprio figlio del gioco d’azzardo ed evitare di dare messaggi che sottovalutino i suoi rischi, magari comprandogli gratta e vinci perché ha “la manina fortunata”.

Abbiamo sentito parlare di farmaci contro il Morbo di Parkinson che possono indurre all’azzardo.
C’è un farmaco che ha questa controindicazione. Ma oggi il problema è molto ridotto perché questa conoscenza è ormai diffusa e anche i medici sanno come dosare i farmaci in persone particolari.

Quali sono i fattori protettivi e quelli di rischio parlando di gioco d’azzardo?
I fattori protettivi sono gli stessi di ogni rischio di dipendenza: una famiglia vicina, amici che non giocano d’azzardo, degli interessi e una vita sociale attiva, la conoscenza e la non sottovalutazione dei rischi, il non frequentare i luoghi di gioco d’azzardo, il rispetto delle regole. La mancanza di questi elementi costituisce gli stessi fattori di rischio.

Esiste una connessione tra gioco d’azzardo e consumo di sostanze?
Diciamo che una parte dei giocatori ha avuto nel passato problemi di abuso di sostanze. Ma è da sfatare il mito che i giocatori patologici provengano tutti da quei percorsi. Moltissimi non hanno mai avuto problemi di droga. Discorso a parte per l’alcol, che a volte si sposa esattamente con i luoghi di gioco, dove viene offerto gratuitamente (in molte sale vlt) per fidelizzare i giocatori e renderli anche più disinibiti nel gioco.

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