Scuole, Covid e benessere psico-sociale degli studenti: parla l’Ufficio Scolastico Regionale

Ricominciare la scuola con un occhio – o forse anche più di uno – al bollettino medico quotidiano. Ricominciare in presenza ma con le mascherine, il gel, il distanziamento, tanta attenzione e una profonda organizzazione. L’anno scolastico 2020/2021, non ci sono dubbi, non sarà un anno come tanti altri. Sarà un anno di rottura con il passato e di investimento sul futuro: urgenze sanitarie dovranno integrarsi con urgenze educative, in un sottile equilibrio fatto di protocolli e note, ma anche di fiducia e collaborazione. Ma, in un contesto tanto complesso, quale e quanta attenzione è stata riservata al benessere psicologico degli studenti, già provati da quasi 7 mesi di isolamento? L’abbiamo chiesto a Chiara Brescianini, Dirigente Tecnico dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna.

Uno sguardo al contesto: 534 istituzioni scolastiche statali e 981 scuole paritarie, per un totale di 1.515 scuole; 25.030 classi/sezioni nelle scuole statali; 58.148 posti docente di cui 47.151 posti comuni, 10.997 posti di sostegno (di cui 5.062 in deroga), 1.587 nuove immissioni in ruolo di personale docente, un “organico Covid” composto da circa 5.800 docenti e ATA. Gli studenti, invece, sono 547.164, di cui 19.234 con disabilità (3,5%). “Quando parliamo di benessere a scuola, è meglio parlare di scuole”, spiega Brescianini, che avanza subito una premessa: “Attraverso la serie di note ‘Materiali per la ripartenza’, questo ufficio ha messo a disposizione delle scuole e delle diverse istituzioni interessate, documenti e riflessioni che si confida possano risultare utili alla complessa intrapresa cui tutti siamo chiamati: l’avvio del nuovo anno scolastico 2020/21 in condizioni di pandemia eppure, per quanto possibile, in presenza”.

Quali sono le possibili strategie per assicurare il benessere nella “ripartenza” della scuola?

Una delle nostre priorità è riconoscere e affrontare il disagio psicologico degli studenti. Il primo riferimento è una nota del Direttore Generale del 24 giugno 2020, “Anno scolastico 2020/21 e Covid-19 – 6 – Ripercussioni sul fare scuola del ‘rischio psicosociale’ da Covid-19”. L’attenzione dei dirigenti scolastici è stata focalizzata, oltre che sugli aspetti “tecnici” inerenti la fase della ripartenza in sicurezza – quindi l’ambito generale dell’analisi, della prevenzione e della gestione del rischio di contagio – anche sui “rischi indiretti”, non connessi al contagio in sé, ma alle conseguenze delle misure di protezione adottate per contenerlo, in modo particolare quelli derivati dalla lunga sospensione dell’attività didattica in presenza e dal periodo di isolamento “in casa” che ha interessato l’intera popolazione. In altri termini, abbiamo voluto sottolineare come “la paura, la preoccupazione, le incertezze e i fattori di stress costanti nella popolazione durante l’epidemia di Covid-19 possono portare a conseguenze a lungo termine all’interno delle comunità, delle famiglie e degli individui vulnerabili”, determinando “rischi psicosociali” con inevitabili ripercussioni sul fare scuola. Come Ufficio Scolastico Regionale abbiamo riflettuto sui possibili effetti del disagio sugli studenti. Numerose ricerche e riflessioni stanno facendo emergere conseguenze tutt’altro che positive.

È possibile individuare fenomeni emergenti più precisi?

Si può già redigere una lista, seppure provvisoria e incompleta, delle condizioni di rischio più rilevate: comparsa o acutizzazione di problematiche comportamentali (irritabilità, problemi con il sonno, risvegli notturni, paura del buio); segni di regressione a comportamenti di età inferiore (enuresi notturne, ansia da separazione, richiesta di dormire con i genitori); negli adolescenti, maggiore “chiusura” in se stessi e senso di solitudine, compensato da ancora più tempo trascorso sui social o al telefono; aumento del senso di tristezza, di ansia, di collera apparentemente immotivata; aumento dei disturbi alimentari, di quelli ossessivo-compulsivi e fobici; aumento degli hikikomori; aumento della voracità, anche senza arrivare ai problemi alimentari veri e propri.
Ciascuna di queste condizioni soggettive è correlata alle condizioni oggettive in cui lo studente si è trovato a vivere. C’è chi è stato costretto in pochi metri quadri, magari con famiglie numerose, senza giardino, né balcone; diversi ragazzi non hanno avuto la possibilità di seguire le lezioni a distanza per problemi di varia natura; c’è la situazione particolare di chi vive in famiglie in cui il lavoro degli adulti scompare o di chi ha vissuto con adulti che dovevano andare a lavorare negli ospedali. E poi ci sono le malattia dei cari, e anche i lutti.

E per quello che riguarda gli alunni con disabilità?

L’Ufficio Scolastico Regionale vi ha dedicato molta attenzione. Nel caso di alunni con disabilità sono stati rilevati rischi indiretti ulteriori: regressione dei comportamenti e delle capacità; aumento di comportamenti disfunzionali, come stereotipie, auto ed eteroaggressività, impulsività, intolleranza al “no” e alla disciplina, violenze dentro e fuori le mura domestiche; diminuzione delle capacità comunicative e linguistiche; perdita delle routine giornaliere e diminuzione dei livelli di autonomia; difficoltà nel recuperare comportamenti sociali per il lungo isolamento e per le nuove modalità secondo cui essi dovranno svolgersi; difficoltà di “uscire dalla tana” e incontrare persone. Per alcuni il rispetto delle regole sociali più stringenti è faticoso, così come è impegnativo assumere nuove routine. Ci possono poi essere ansia e depressione, oltre che un impoverimento, della famiglia e delle risorse sociali, che può rendere impossibile garantire al figlio con disabilità i livelli di assistenza assunti direttamente, non in carico del servizio pubblico.

Cosa può e deve fare, allora, la scuola?

Tutta la scuola, e gli insegnanti in primis, deve tenere a mente che sarà necessario conoscere di nuovo ciascun singolo alunno, per ciò che ha vissuto e per come lo ha vissuto. E questo sia da un punto di vista degli apprendimenti formali, sia da un punto di vista personale, emozionale, esperienziale. Ciò che i nostri studenti hanno “provato” in questo tempo, determina quanta “disponibilità ad apprendere” avranno una volta tornati sui banchi e come reagiranno da molteplici punti di vista: comunicazione, linguaggio, cognizione, gestione delle emozioni, socialità, rispetto delle regole.
Ancora: la “paura per il futuro” a causa della pandemia rischia di diventare un sentimento diffuso e deleterio. Ri-donare un orizzonte significativo ai giovani è un compito sociale, ma la scuola può fare molto per costruire la fiducia di ciascun allievo nelle proprie capacità e possibilità. Non c’è scuola senza speranza, slancio verso il domani, fiducia nell’impegno personale e di comunità, reciprocità e senso dell’esistenza.

Si parla molto della volontà di consolidare e rinnovare l’alleanza scuola-famiglia.

In questo senso, voglio ricordare l’importanza del patto di corresponsabilità, firmato dai genitori all’avvio dell’anno scolastico. È palese la necessità di una collaborazione attiva di studenti e famiglie nel contesto di una responsabilità condivisa e collettiva. Vogliamo anche richiamare a un impegno condiviso a comportamenti diligenti e prudenti. Alla partenza dell’anno scolastico abbiamo anche realizzato una checklist per le famiglie, un elenco di cose da fare per aiutare le famiglie a orientarsi nella complessa prospettiva del rientro a scuola in sicurezza.

Durante il lockdown gli studenti, come buona parte della popolazione in generale, non ha avuto occasioni di movimento.

A tal proposito, richiamo la nota del 22 luglio del nostro Direttore “Anno scolastico 2020/21 e Covid-19 – 12 – Suggerimenti e proposte per l’Educazione Fisica”. La riduzione dell’attività fisica figura tra i rischi conseguenti al lockdown e, per gli alunni, alla sospensione delle lezioni in presenza. Suggerimenti sono stati diffusi, soprattutto dai social media anche con tutorial, per invitare le persone a svolgere comunque una qualche forma di esercizio fisico e per assicurare a bambini e ragazzi attività di gioco e di movimento, anche minimale. Per condizioni abitative e di vita familiare in lockdown, tuttavia, soltanto alcune famiglie sono state in grado di mettere in atto tali suggerimenti. Vi sono poi i ragazzi con disabilità che hanno patito particolarmente la reclusione domestica, con perdita di importanti livelli di autonomia, socialità, occasioni di apprendimento e capacità di movimento.

Come si inserisce la scuola in queste considerazioni. Come può promuovere un cambio di rotta?

Vogliamo ripartire con “movimento e relazione”, essenza dell’Educazione fisica. Vi è poi la necessità che, alla ripresa delle lezioni in presenza, si assicuri il pieno svolgimento delle attività di Educazione fisica, nel rispetto ovviamente delle indicazioni di sicurezza: distanziamento, protezione, pulizia.
Sì, perché l’Educazione fisica è un ottimo “mezzo di contrasto” ai rischi psicosociali. Come ogni disciplina ha finalità specifiche e finalità educative trasversali: la motricità facilita l’apprendimento di corretti stili di vita e del rispetto delle regole; migliora le condizioni psicosociali, così rilevanti in questa fase; conduce alla proattività; ricuce il tessuto relazionale interpersonale e aiuta a riaffermare l’immagine di sé, l’autostima, la motivazione, la ripresa delle interazioni sociali. L’Educazione fisica, dunque, può svolgere una rilevante funzione di contrasto degli effetti “psicosociali” conseguenti al lockdown.
Oltre a ciò, sottolineo l’importanza dell’insegnamento in una “scuola aperta”.

Cosa significa?

Realizzare percorsi di istruzione il più possibile adeguati alle mutate condizioni di vita, di lavoro, di socialità e di salute, sviluppando le possibilità offerte dalle innovazioni pedagogiche e didattiche più recenti e recuperando intuizioni pedagogiche e didattiche che, seppur consolidate, non sempre sono adeguatamente diffuse.
Partire dal concreto di una scuola nel suo territorio, la scuola della “societas”, che non soltanto attende i ragazzi ma, se necessario, li va a cercare, li stimola a tornare, con la mente, oltreché con il corpo.
Significa testare nuovi modelli formativi, cogliendo l’occasione per compiere i primi passi verso un modello di “formazione aperta”, diffusa e situata nella comunità. Una scuola che non solo “riapre”, ma che pure si apre alle realtà del territorio valorizzando il patrimonio del terzo settore, del privato sociale, degli spazi di comunità come i centri sportivi, le sale civiche, le biblioteche, gli oratori e i parchi.

Quali sono, allora, le possibili forme di supporto per le scuole?

Al punto 6 del protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19 si parla proprio di supporto psicologico. L’attenzione alla salute e il supporto psicologico per il personale scolastico e per gli studenti rappresenta una misura di prevenzione precauzionale indispensabile per una corretta gestione dell’anno scolastico. Sulla base di una Convenzione tra Ministero dell’Istruzione e il Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi, si promuove un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta a eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in “presenza”, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta.

Quali sono i suggerimenti dell’Ufficio Scolastico?

Per esempio, suggeriamo il rafforzamento degli spazi di condivisione e di alleanza tra scuola e famiglia, anche a distanza. Ancora, il ricorso ad azioni di supporto psicologico in grado di gestire sportelli di ascolto e di coadiuvare le attività del personale scolastico nella applicazione di metodologie didattiche innovative (in presenza e a distanza) e nella gestione degli alunni con disabilità e di quelli con DSA o con disturbi evolutivi specifici o altri bisogni educativi speciali, per i quali non sono previsti insegnanti specializzati di sostegno.
Il supporto psicologico sarà coordinato dagli Uffici Scolastici Regionali e dagli Ordini degli Psicologi regionali e potrà essere fornito, anche mediante accordi e collaborazioni tra istituzioni scolastiche, attraverso specifici colloqui con professionisti abilitati alla professione psicologica e psicoterapeutica, effettuati in presenza o a distanza, nel rispetto delle autorizzazioni previste e comunque senza alcun intervento di tipo clinico.
Non dimentichiamo, poi, la possibilità per le scuole di attivare al loro interno, nell’ambito della loro autonomia, sportelli di ascolto dedicati agli studenti, anche ricorrendo a collaborazioni con associazioni/Ordine o contratti di prestazione d’opera con professionisti.

Quali sono le “strutture” di supporto alle scuole per la “ripartenza”?

I Centri Territoriali di Supporto (CTS), istituiti dagli Uffici Scolastici Regionali in accordo con il MIUR, realizzano una rete territoriale permanente che nasce con il compito di raccogliere e diffondere le conoscenze (buone pratiche, corsi di formazione) e le risorse tecnologiche per promuovere l’inclusione didattica e il successo formativo degli alunni che presentano bisogni educativi speciali. Docenti, famiglie e studenti possono richiedere ai Centri Territoriali di Supporto consulenze per l’individuazione delle soluzioni più adeguate al singolo alunno, sia per quanto riguarda gli ausili, sia in merito alle strategie didattiche più efficaci. I CTS organizzano iniziative di formazione sul tema dell’inclusione scolastica con particolare riferimento al tema delle tecnologie, raccolgono le buone pratiche di inclusione realizzate dalle scuole e ne favoriscono la diffusione tra le istituzioni scolastiche del territorio.
Ricordo anche che presso tutti gli Uffici di Ambito Territoriale operano referenti per il diritto allo studio e l’inclusione. I referenti svolgono la loro azione a supporto delle scuole su specifiche problematiche e favoriscono la piena integrazione e partecipazione degli studenti alle attività didattiche.

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