“Bologna, festini tra ragazzini a base di droga sui colli. Musica, sballo e soprattutto droghe sintetiche: la denuncia è partita dalla madre di una minorenne”. “Festini Bologna, droga e sballo tra ragazzini: malore per una 17enne, indagato l’amico”. “Baby pusher sui colli a Bologna”. Sono solo tre dei titoli che hanno caratterizzato questa estate bolognese. Un’inchiesta che haacceso i riflettori su un fenomeno sommerso, ma da decenni sempre più presente nel panorama delle sostanze stupefacenti: il consumo di Cannabinoidi Sintetici. Un fenomeno non solo nascosto ma anche complesso e mutevole, tanto quanto i composti chimici che lo caratterizzano. Ma di che cosa parliamo? Di cannabinoidi sintetici. Gli “agonisti sintetici dei recettori cannabinoidi” – comunemente chiamati cannabinoidi sintetici (CS) – sono un gruppo di sostanze prodotte in laboratori chimici allo scopo di causare gli stessi effetti sul cervello dei cannabinoidi ‘naturali’ (marijuana, hashish) che contengono un principio attivo chiamato THC, che è, appunto, il responsabile di questi effetti.
In principio
Inizialmente i CS furono il fulcro di un progetto di ricerca avviato nel 1984 dal Prof. Hoffman della Clemson University, nato per lo sviluppo di nuove molecole a fine farmaceutico per il trattamento di patologie croniche (AIDS, sclerosi multipla, chemioterapia). Lo scopo? Sintetizzare sostanze che mantenessero le proprietà terapeutiche dei cannabinoidi naturali eliminando gli effetti psicoattivi collaterali. Di fatto quegli obiettivi non furono mai raggiunti, ma la ricerca si rivelò utile per altri fini.
Gli anni 2000
Nonostante le buone intenzioni, alcuni risultati furono raggiunti verso la fine degli anni 2000 da laboratori legati al mercato nero degli stupefacenti a fini illeciti. Da allora i CS hanno giocato un ruolo chiave nel mercato delle “legal highs”, un termine ombrello usato per descrivere le nuove sostanze psicoattive non ancora tabellate come illegali e stupefacenti dalle autorità internazionali. La sfida continua è alimentata dalla loro difficile individuazione e dalla veloce immissione sul mercato di sempre nuove molecole alternative della stessa tipologia.
I “legal highs”
Gran parte dei CS utilizzati nei prodotti “legal highs” pare siano sviluppati in laboratori clandestini asiatici sotto forma di polveri, spedite poi successivamente in stabilimenti europei per l’assemblaggio finale e la vendita. Le polveri chimiche vengono qui trattate su scala industriale, diluite con solventi come acetone e metanolo, mescolate in macchinari simili a betoniere con basi erbacee, essiccate e confezionate. Tipicamente i prodotti contenenti uno o più CS, si presentano così come misture erbacee da fumare, ma possono anche essere commercializzati come incensi o liquidi da vaporizzare in sigarette elettroniche. Qui risiede uno dei principali rischi per il consumatore: errori comuni nel processo di lavorazione negli stabilimenti clandestini possono causare una non uguale distribuzione dei CS nel prodotto. Gli “hot pokets” nascono così: in alcune partite è presente un’imprevista maggiore concentrazione di CS e, di conseguenza, un incremento degli effetti. Anche di quelli avversi potenzialmente rischiosi.
Spice
Il nome “commerciale” più comune con cui vengono venduti i prodotti a base di CS è “Spice”. Esistono poi innumerevoli altri nomi sul mercato per prodotti simili (K2, Black Mamba, Scooby Snax, ecc.). Quest’ultimi possono essere ulteriormente alterati dai produttori, aggiungendo aromi e altre sostanze stupefacenti per renderli maggiormente accattivanti, nonché pericolosi. Non solo: i nomi commerciali possono non essere indicativi dei CS contenuti nel prodotto. Qualsiasi molecola, infatti, potrebbe essere presente in qualsiasi prodotto, sia essa etichettata o meno. Il rischio risiede anche in prodotti rielaborati, venduti con nomi e packaging già usati in passato, ma con CS alternativi a tossicità sconosciuta, i cui effetti possono essere imprevedibilmente negativi anche per i consumatori abituali.
Head shop e mercato virtuale (ma reale)
I prodotti a base di CS possono essere reperiti negli head shop (i negozi specializzati nella vendita di accessori correlati legati al consumo di cannabis, erbe e droghe leggere) e nelle piazze di spaccio (anche come adulteranti di cannabinoidi classici), ma più comunemente sono acquistati online. Internet gioca infatti un ruolo rilevante nel mercato delle nuove sostanze sintetiche, trainato dal vantaggio di essere attivo 24 ore su 24, dalla mole dell’offerta, dalla facilità di entrare in contatto con il compratore e da sistemi di comunicazione anonima che tutelano la privacy. Sui mercati online non esiste garanzia alcuna sulla sicurezza dei prodotti e le informazioni fornite possono essere inaffidabili (ma questo vale in generale per tutti i mercati illegali).
Cannabinoidi sintetici e cannabinoidi naturali
I CS si differenziano quindi radicalmente dai cannabinoidi di origine naturale (marijuana, hashish e oli) non solo rispetto alle modalità di derivazione e al posizionamento sul mercato delle sostanze stupefacenti, ma anche – soprattutto – per gli effetti. L’assunzione dei CS produce infatti un effetto dalle 3 alle 28 volte superiore (in rari casi anche 800 volte) a quello del THC, quindi più intenso e imprevedibile. A causa della notevole variabilità dei lotti in termini di qualità e dosaggio, le valutazioni degli effetti clinici dei CS, siano essi desiderabili o meno, sono soggette a una sostanziale imprevedibilità interindividuale, dovuta alle caratteristiche psicofisiche soggettive, ma soprattutto alle differenze tra le proprietà delle numerose formule molecolari dei CS stessi. Di fatto dal 2008 sono stati individuati dalle autorità europee ben 209 nuovi cannabinoidi sintetici, di cui 11 segnalati in Europa per la prima volta nel 2020. Questi fattori limitano lo stato attuale delle conoscenze relative gli effetti dei CS sugli esseri umani, che sono desunte principalmente dai dati clinici rilevati in strutture sanitarie a seguito di casi di intossicazione o dalle testimonianze dirette dei consumatori.