Una tribù che balla… Nella bolla

di Chiara Lattante e Giulia Solignani

Spesso capita che i ragazzi e le ragazze che incontriamo (e talvolta anche i loro genitori), facciano ricorso all’immagine della bolla per parlare del proprio rapporto con una sostanza d’elezione o un qualsiasi comportamento che possa garantire un’esperienza di coinvolgimento a 360 gradi. L’adolescente o il pre-adolescente in questione viene spesso descritto dagli adulti di riferimento con preoccupazione. In questa fase storica può avere senso guardare la bolla con occhi nuovi? È possibile sfruttare la connessione alla rete per approfondire zone della bolla? O per scoprirne di diverse? Alcuni adulti potrebbero pensare che quella “bolla” rappresenti un vuoto… un vuoto di senso. Si chiedono: “Ma perché mio figlio si comporta così? Perché è entrato nel suo ‘mutismo selettivo’ verso noi genitori? Che cosa abbiamo fatto? E che cosa dobbiamo fare?”.

Se ci sforziamo di rimanere sintonizzati sui bisogni di questi bizzarri adulti giovani in costruzione che sono gli adolescenti, forse potremmo scoprire mondi inesplorati. Potremmo per esempio comprendere il funzionamento di quei videogiochi o di quelle app che rapiscono la loro attenzione: in che modo? No, non aprendo un profilo falso con l’unico intento di sedare la nostra ansia, bensì facendo domande prive di giudizio. Chiedere per conoscere in modo autentico.

E se non ne vuole parlare? Significa che non è il momento. Domandare vuol dire anche tollerare la frustrazione di non ricevere alcuna risposta. Dal punto di vista dell’adolescente può essere considerato un pericoloso tentativo di invasione della bolla ma anche un prezioso segnale di apertura al dialogo: “Qualcuno mi vede! Ora non ho nessuna voglia di rendermi del tutto decifrabile… Ma so che esiste la possibilità di svelare qualcosa di me”. È importante avere rispetto di quella bolla, che per alcuni è un vuoto di senso. Il vuoto di senso può essere un motore molto potente che può spingere a muoversi, ma solo se l’adolescente ha l’opportunità di incontrare qualcuno che gli confermi che vale la pena ascoltarlo quel vuoto, vale la pena entrare in quella bolla e forse provare a darle un significato. Nelle arti marziali il vuoto significa “non ancora”, è un vuoto attivo, un vuoto preparatorio.

Quella bolla che agli occhi dell’adulto può sembrare fatta di nastro isolante, per l’adolescente è invece permeabile. Non è una finestra sul Mondo ma un’intera facciata di un grattacielo ancora da completare. L’adolescente può scegliere se abitare ogni piano – e aprirsi a scenari differenti – oppure se dedicarsi ad analizzare nel dettaglio uno dei tanti panorami a sua disposizione. Accanto a sé – in rete – potrà trovare altri abitanti della stessa bolla. Potrà riconoscersi e dunque conoscersi.

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