Come sono cambiati i consumi di sostanze in tempi di pandemia e lockdown? Come si sono riorganizzati i servizi che si occupano di giovani consumatori? Continua il nostro viaggio tra i progetti reggiani che, complice l’emergenza sanitaria, hanno dovuto trasformare le loro attività.
UP-Unità di prossimità, il ruolo chiave del Social media manager
Il progetto UP è un progetto integrato multifunzionale che opera con l’obiettivo di coordinare e realizzare interventi di riduzione del danno, limitazione dei rischi e informazione sulle sostanze stupefacenti. Il Comune ha affidato la gestione del progetto alla Cooperativa Centro Sociale Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia. L’equipe è formata da operatori di strada che intervengono sul territorio con le modalità classiche della Riduzione del Danno e della Limitazione dei Rischi. Durante le uscite viene distribuito materiale sanitario sterile e materiale informativo. Come è facile immaginare, tutto è cambiato con l’arrivo del coronavirus: “Anche noi ci siamo spostati sul virtuale, anche in termini pedagogico-progettuali – spiega Luca Censi, referente operativo di UP –. La nostra fortuna è stata quella di avere già in squadra – da tre anni – un social media manager, fortemente voluto proprio perché ci siamo resi conto che i social non potevano più essere trascurati: il nostro lavoro con i giovani era necessario passasse anche da lì”.
L’Unità di prossimità lavora in ambito loisir (il mondo del divertimento) e nei luoghi di ritrovo dei giovani (parchi, scuole); con gruppi formali e informali all’interno dei differenti pattern di consumo. “Nell’ultimo periodo abbiamo riscontrato l’ingresso nella vita di strada di nuovi consumatori, soprattutto giovani e giovanissimi. Abbiamo subito colto la necessità di una prossimità virtuale, ed è così che è arrivato il nostro Social media manager. Per noi è stato molto stimolante trovare modalità di integrazione di questa figura all’interno del lavoro d’équipe, soprattutto quando questo ha comportato modifiche a volte anche sostanziali nel nostro lavoro”. Per capirci: il momento dell’aggancio viene progettato all’interno di contesti come l’uscita dalla scuola e non necessariamente, come nel passato, in contesti di relazione forte (ma rimangono anche questi ambiti di intervento). “In questo modo si crea la condizione di conoscerci anche solo per l’appetibilità delle animazioni, strutturate per essere divertenti e non troppo impegnative, e per promuovere la fruizione dei materiali informativi anche in digitale o comunque per promuovere il nostro servizio sui social. C’è un tema, quello della riservatezza, e del sentirsi a proprio agio all’interno della comunicazione virtuale che rappresentano presupposti imprescindibili per la generazione z, e che il cartaceo non può soddisfare in alcun modo”.
Con queste basi, la riorganizzazione causa Covid è stata quasi fisiologica: “Avendo già impostato una parte del nostro lavoro su Facebook e Instagram, abbiamo proseguito per quella strada”. Post, stories, dirette: un confronto diretto, costante, che non sarebbe stato possibile altrove. “Vogliamo anche evidenziare una considerazione metodologica: abbiamo capito – alla luce di quanto detto, e promuovendo sempre la bontà della relazione vis a vis che non abbiamo in nessun modo intenzione di sostituire – quanto sia imprescindibile lavorare sull’architettura delle relazioni all’interno del setting digitale. Vorremmo anche svincolarci dall’idea di una visione deteriore dei social come luogo di pericolo per promuovere una conoscenza di questi anche grazie a chi li conosce meglio e cioè i giovani che contattiamo e con cui lavoriamo con grande interesse rispetto a queste dinamiche. Da ultimo quindi invitiamo a considerare il virtuale come un ulteriore, valido, strumento di approccio”.
“Su Facebook ci siamo orientati verso un target più alto – spiega Davide Armento, il Social media manager di UP –, su Instagram verso un target molto più basso. Ora stiamo guardando a Tik Tok per intercettare i giovanissimi”. In lockdown, la pagina Facebook di UP è stata aggiornata costantemente con articoli di approfondimento sui temi delle sostanze e della marginalità: “Non solo: si è rivelata molto utile anche per informare circa le attività del territorio legate all’emergenza. Su Instagram, invece, abbiamo mostrato il nostro lato più ‘pop’: post legati a ricorrenze e giornate, fumetti. Abbiamo visto che le Stories raggiungevano più persone di un post, così abbiamo anche lanciato il ‘Sondaggione’, un appuntamento settimanale che, ponendo una domanda, aveva lo scopo di indagare stili di consumo, trend e abitudini dei nostri followers. Abbiamo dimostrato che sui social è possibile parlare senza pregiudizi anche di temi ‘inusuali’, come quelli legati al consumo di sostanze. Certo non è possibile garantire l’anonimato assoluto, ma le persone hanno scelto di fidarsi e ci hanno premiato”.