BOLOGNA – Un questionario somministrato anonimamente a circa 1.100 ragazzi tra gli 11 e i 20 anni distribuiti in 7 scuole del capoluogo bolognese (una secondaria di secondo grado, sei secondarie di primo grado) per indagare le abitudini di fruizione del web di giovani e giovanissimi e comprendere quanto il mondo online sia considerato potenziale canale d’acquisto di sostanze psicoattive e fonte d’informazione su stili di vita e consumi. È questo l’obiettivo di “Indici – Intervento per le nuove generazioni digitali consapevoli e informate”, progetto svolto tra marzo 2018 e marzo 2020 gestito dalla cooperativa bolognese Open Group in partnership con l’Istituto di fisiologia clinica di Pisa (CNR), l’associazione Asa, Forum Droghe e Cnca. Indici nasce per interrogare direttamente i giovani e coinvolgerli in un percorso finalizzato alla costruzione di strumenti di prevenzione e protezione utili per affrontare le sfide della contemporaneità, in un contesto in cui il digitale entra con i suoi ambienti, le sue regole e i suoi codici. Perché il progetto ci dice che i giovani italiani, su deep e dark web, ci sono già.
Il 96 per cento dei ragazzi intervistati ha dichiarato di possedere uno smartphone, il 71 per cento un pc (si tratta soprattutto di over 14). Minime le differenze di genere per quanto riguarda il possesso di device per l’accesso a internet, a esclusione delle console di gioco, molto più diffuse tra i ragazzi che tra le ragazze. Per quanto riguarda il consumo di sigarette, alcool e sostanze psicoattive tra gli studenti di 15-20 anni, il 58 per cento ha dichiarato di fumare sigarette; il 69 per cento di avere consumato alcol negli ultimi 12 mesi; il 35 per cento di avere consumato cannabis (sempre nell’ultimo anno) e il 3 per cento di aver fatto uso di nps (nuove sostanze psicoattive). Il passaggio alla maggiore età sembra aumentare la propensione al consumo, anche frequente, di tutte le sostanze rilevate. Rispetto ai dati emersi da ESPAD®Italia – lo studio campionario condotto da 20 anni che analizza consumi psicoattivi (alcol, tabacco e sostanze illegali) e altri comportamenti a rischio, come l’uso di Internet e il gioco d’azzardo, tra studenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni che frequentano le scuole secondarie di secondo grado – sembrerebbero essere leggermente sottostimati i consumi di alcool e sovrastimati quelli di cannabis.
L’indagine ha cercato anche di approfondire il rapporto degli studenti bolognesi con internet, in termini di abitudini di utilizzo potenzialmente problematiche. Le più diffuse sono il rimanere online più tempo di quanto desiderato senza accorgersi, il trascurare i compiti, il ricevere rimproveri da parte di genitori e amici e il perdere ore di sonno perché collegati ad internet. Il più raro, sebbene comunque percepito da un terzo degli intervistati, è lo scegliere di restare online anziché uscire con gli amici. Sulla base delle frequenze di abitudini potenzialmente problematiche è stato possibile dividere i ragazzi intervistati dal progetto Indici in 3 gruppi distinti: circa la metà con pochi o nessun atteggiamento potenzialmente problematico; il 36 per cento con qualche atteggiamento potenzialmente problematico e un 16 per cento che cumula quasi tutti gli atteggiamenti problematici rilevati. Quest’ultimo profilo sembra essere più diffuso tra gli studenti maschi e tra i maggiorenni. I ragazzi con molti comportamenti potenzialmente problematici sembrano caratterizzarsi soprattutto per una elevata incidenza di due abitudini: il sentirsi nervosi quando non si è collegati e il perdere ore di sonno per stare online fino a tardi. Al contrario gli appartenenti al secondo gruppo sono quelli che maggiormente esperiscono rimproveri da parte di genitori e amici, segno che dove funziona il controllo sociale da parte delle relazioni più prossime, questo funziona anche da anticorpo allo sviluppare atteggiamenti più problematici.
“L’indagine pilota è tra le prime che prova a dare una stima del reale accesso a deep e dark web tra i giovani italiani – spiegano i ricercatori –. Senza avere la pretesa di offrire stime precise del fenomeno, per i quali servirebbero altre metodologie di ricerca e campioni più numerosi, il tentativo del progetto è stato quello di fornire primi spunti di riflessione e un primo test degli strumenti di rilevazione”. I risultati ci dicono che circa un ragazzo su dieci tra quelli intervistati dichiara di aver avuto accesso al deep web, e il 6 per cento al dark web. Il 3 per cento ha dichiarato di avere acquistato sul deep web. “Non essendo prevista nel questionario nessuna batteria di domande relativa ai comportamenti, non abbiamo strumenti per dire se il dato è reale o per affinare le stime, né per dire se sia solo frutto di desiderabilità sociale. Sicuramente quello che l’indagine racconta è di un mondo non troppo distante dai ragazzi”. Gli studenti sembrano inoltre essere più propensi ad accedere a deep e dark web e ad acquistare sul deep web rispetto alle studentesse: “Guardando alle età, i 15-17enni sembrano essere i più attratti da deep e dark web: difficile dire se questo sia un dato reale o meno, ma in entrambi i casi si può concludere che proprio tale fascia d’età ne subisca maggiormente il fascino e l’attrazione. I ragazzi appartenenti al gruppo caratterizzato da molti comportamenti di utilizzo di internet più massivi sono anche quelli dove l’accesso al deep e al dark web è più diffuso”.
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