Sostanze e minori. Tra normalizzazione, edonismo e povertà educatica

Il 19 dicembre Drugadvisor ha partecipato all’incontro “Minori, posizione sociale e sostanze psicoattive”, organizzato dall’Osservatorio dipendenze patologiche dell’Ausl di Bologna in collaborazione con “Oficina Impresa Sociale” per presentare uno studio sugli stili di consumo degli studenti bolognesi che frequentano le scuole medie superiori.
Nell’introduzione ai lavori della giornata di studi, Armando Celico (Oficina Impresa Sociale) e Mariateresa Paladino (Servizio politiche sociali e socio educative della Regione Emilia-Romagna), hanno sottolineato l’obiettivo della ricerca: scattare una fotografia attuale sui temi per aggirare la scia dei toni allarmistici con cui sovente i media propongono informazioni sull’uso di sostanze in questa fascia critica di età, e quindi promuovere una prospettiva scientifica capace di affrontare (anche in ottica preventiva)i problemi che emergono dall’osservazione dei dati. Favorire, in poche parole, riflessioni a favore di una comprensione, e non di un giudizio, da parte di chi interviene e lavora a fianco dei ragazzi.

A una prima parte dell’incontro dedicata alla presentazione della ricerca, a cura del responsabile dell’Osservatorio Ausl, Raimondo Maria Pavarin, è seguita una tavola rotonda con alcuni docenti, dirigenti scolastici e operatori del settore.
Cosa emerge dalla ricerca? In primo luogo, come sia ormai in atto una normalizzazione dell’eccesso di alcol, favorita dal fatto che gli adolescenti assumono sostanze alcoliche sulla base di una scelta razionale: sono a conoscenza degli effetti che esse producono, puntano a stati di “alterazione” in modo consapevole, abitano dei non-luoghi (ad esempio, bevono all’esterno dei locali senza mai entrarvi) e vivono per lo più in una logica individualistica, per esempio di non intervento verso amici che stanno esagerando nell’assunzione. Semmai, intervengono quando gli effetti dell’alcol producono situazioni di malessere.
Dallo studio emergono anche altri due elementi di fondo: un consumo di sostanze socialmente integrato, che non pregiudica le relazioni sociali e non interferisce con le attività quotidiane, gli impegni o lo studio, e poi un aumento degli accessi al pronto soccorso per intossicazione alcolica.
Consumi pianificati, dunque, tollerati, effettuati in base a scelte valutate in base al principio dei costi-benefici, sono le tendenze di riflessione da parte di oltre 1000 adolescenti bolognesi che hanno risposto ai questionari proposti a vari istituti superiori di città e provincia. Per i giovani, inoltre, i consumi vengono incentivati dal mercato, dalla maggiore disponibilità di sostanze illegali.

Ma dall’analisi del campione emerge anche altro. Per esempio, che i modelli di consumo sono correlati a particolari stili esistenziali, come quelli che subiscono la fascinazione della propensione al rischio, oppure che risentono di specifiche scelte individuali, persino tendenti all’autocura, o di un controllo e un’attenzione genitoriale carenti.
Del resto, il consumo appare connesso anche a condizioni di svantaggio sociale, economico o abitativo del contesto familiare, tanto che in situazioni di maggiore disponibilità economica esso appare decisamente in relazione a finalità “edonistiche”.

Per Franca Francia (Sviluppo della programmazione e delle attività in tema di dipendenze patologiche, Servizio assistenza territoriale, Regione Emilia Romagna) che ha sviluppato le conclusioni dell’incontro, occorre prendere in esame quattro elementi riassuntivi: il mercato, la normalizzazione, l’autocura e la posizione sociale. Per quanto riguarda il primo, ciò che favorisce i consumi sono la disponibilità, la continuità e gli stili di vita. La normalizzazione, invece, si collega al principio del consumare per piacere, per divertimento, per edonismo e per una marcata accettazione sociale. I ragazzi, quindi, consumano anche forma di autocura e presentano situazioni di isolamento, disturbi di memoria e del sonno, depressione. Infine, riguardo alla posizione sociale, appaiono più a rischio i cosiddetti “non nativi” o di “seconda generazione”, come pure quanti vivono in famiglie monogenitoriali, monoreddito e a bassa scolarità.

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