Un “rimedio”, ma certamente anche un possibile veleno. A questi significati rimanda l’etimologia della parola “farmaco”. Quando poi si parla, genericamente, di abuso di farmaci lo si fa in riferimento a un loro uso ricorrente non corretto, non più terapeutico e al di fuori di ogni controllo medico: per alterare lo stato di coscienza o per migliorare le proprie prestazioni, finalità che al contempo possono generare situazioni problematiche e finanche pericolose. Parliamo, invece, di dipendenza quando si palesa un comportamento di “pensiero fisso” sulla “sostanza”, che conduce ad un suo uso compulsivo e obbligato.
“Tuttavia, da un punto di vista prettamente scientifico si è ormai superata la tradizionale differenziazione tra abuso e dipendenza. Si parla, più genericamente, di disordine da uso di sostanze o farmaci per descrivere un’ampia gamma di comportamenti, che va da una forma lieve a uno stato di gravità con delle ricadute croniche di assunzione compulsiva. Questo approccio vuole superare l’uso della parola ‘dipendenza’, in quanto potenzialmente connotata in senso negativo”. Lo afferma Luca Ghedini, psicologo SerT e referente progetto obiettivo giovani consumatori dsmdp Asl Bologna, con cui abbiamo provato ad addentrarci nel fenomeno dell’utilizzo dei farmaci partendo proprio dai concetti di abuso e dipendenza. Queste definizioni, gli abbiamo chiesto in prima battuta, che valore assumono per il suo lavoro?
Secondo l’ultima indagine Espad (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs), che fotografa consumi e comportamenti d’uso di alcol, tabacco e sostanze psicotrope legali e non, dal 2007 al 2014 l’Italia ha registrato un progressivo aumento del consumo di psicofarmaci, almeno una volta l’anno da parte dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Tra questi, vanno menzionati gli antidolorifici oppioidi, i cosiddetti “pain killers”, su cui recentemente è caduta l’attenzione degli operatori. Su tale fenomeno, sulle modalità e gli strumenti predisposti per indagarlo e affrontarlo con interventi efficaci, questo è il parere di Luca Ghedini.
Illustrando a Drugadvisor una significativa panoramica di dati quantitativi sul fenomeno dell’uso e dell’abuso di farmaci, anche in relazione ad altre sostanze utilizzate a fini di “sballo”, Ghedini conclude con una riflessione. “Dovremmo interrogarci – afferma lo psicologo – su quali stili di vita vengono oggi proposti dagli ‘adulti del contesto’, dai media e forse anche dalle agenzie socio-educative. Abbiamo la sensazione di una società ‘additiva’, che delega sempre più al farmaco e alle sostanze più o meno legali funzioni di ammortamento stabile del dolore mentale, della sofferenza psichica. Insomma, un tentativo abbastanza chiaro di esorcizzare quelle quote di depressione che in modo naturale, e anche in modo evolutivo se rielaborato, fanno parte della vita di ognuno di noi”.