“Se non puoi andare fuori a lavorare sul tuo corpo, a combattere battaglie, a giocare e sperimentare spontaneamente, può essere che il mondo del marketing e dei videogiochi abbia successo e risponda a delle esigenze dello sviluppo evolutivo dei giovani. Il problema è l’alternativa che come adulti siamo in grado di proporre.”
Così Matteo Lancini, psicologo psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro e dell’AGIPPsA (Associazione Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescenza), definisce il corpo dei giovani nell’era del digitale.
Un corpo che, al di là degli spazi fisici, utilizza il virtuale come risorsa per rispondere realmente ai tre compiti evolutivi fondamentali per l’adolescente, che consistono nel:
• comprendere e mentalizzare il corpo, un corpo sessuato, procreativo e che ha limiti fisici, che non è infinito ed eterno, che chiede di essere sperimentato;
• l’elaborare la separazione dai propri genitori, un passaggio cruciale per rendersi autonomo e indipendente
• costruire un sistema di valori e dei modelli di identificazione con la società e con i coetanei.
L’adempiere a questi compiti, da parte dell’adolescente, determina l’attuazione di comportamenti di vita attraverso il virtuale, che spesso lasciano sospesi gli adulti nella relazione con i ragazzi.
Che regole possiamo dare ai nostri figli? Da dove si possono attingere le esperienze interiori di quando noi genitori eravamo adolescenti, per poter relazionarci con i ragazzi digitali di oggi?
Oltre lo smartphone, la sigaretta, la canna, c’è la persona con le sue dinamiche interiori e sociali, intergenerazionali, le stesse dinamiche per cui anche noi genitori di adolescenti di oggi avevamo bisogno di ascolto da parte delle figure adulte che ci circondavano quando eravamo adolescenti, e non solo di essere puniti o consolati.
Ma cosa succede quando i giovani si concentrano solo sulle relazioni digitali?
“Il blocco dipende dal sistema di rappresentazione, non dal dato oggettivo” dice Lancini, intendendo come blocco ad esempio il ritiro sociale che può caratterizzare un giovane sovraesposto all’uso di internet e che fatica o che smette di uscire di casa e di avere momenti di socializzazione fisica coi coetanei.
In quel momento è importante chiedersi: cosa vede dentro e oltre quello schermo mio figlio? Perché quell’alunna ha voluto condividere sulla chat di classe quel video che parla di sé? Cosa rappresenta il suo smartphone?
Un cambiamento della misura del tempo e dello strumento di relazione, una relazione che diventa più digitale e meno mediata dal contatto diretto con le altre persone, un tempo che ci sembra stretto e concentrato, ma che nel virtuale diventa dilatato e profondo.
Oggi vita virtuale e vita reale sono intrecciate, e spesso negli adolescenti è questo il mezzo di socializzazione e comunicazione privilegiato, che diventa difficile escludere anche dalla vita familiare. La necessità di rimanere in contatto coi figli è funzionale all’uso dei mezzi tecnologici: sapere dov’è e cosa farà, a che ora torna o chiederglielo nel momento esatto in cui ci viene in mente, grazie alla tecnologia è possibile. Ci offre sicurezza, la stessa che sentiamo di non percepire nelle strade, nelle piazze, nelle discoteche.
Tante domande. Tanti sani e costruttivi dubbi. E le risposte?
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Matteo Lancini su alcune domande che diversi adulti ci hanno posto nella sezione Un aiuto subito.
Ecco di seguito l’intervista