Se una farfalla batte le ali…

E’ solo una questione di consapevolezza. Al di là delle particolari scelte individuali che si decide di perseguire. Consapevolezza della complessità del mondo, dei fenomeni che lo attraversano. E del ruolo che tutti noi svolgiamo nel loro dispiegarsi. E’ dagli anni Cinquanta del secolo scorso – per scomodare la matematica e, senza dubbio, la letteratura – che la metafora dell’”effetto farfalla” racconta che ogni piccola variazione su condizioni iniziali può provocare grandi variazioni sui risultati finali: “se una farfalla batte le ali a Pechino – spiega – può scatenare una tempesta a New York”.
Angelo Vassallo ne era consapevole. Da sindaco di una cittadina del Cilento, terra consegnata per secoli all’abbandono della storia e della politica ma anche all’arroganza criminale, aveva trasformato la sua Pollica in un modello di bellezza studiato con curiosità fino in Giappone. Raccolta differenziata, depuratori, progetti sulla mobilità e sul recupero dei fondali marini, amministrazione trasparente del denaro pubblico, servizi ai cittadini, investimenti sulla cultura, lotta costante agli appetiti criminali sul territorio. Tra le cose che cercava di spiegare ai suoi concittadini, soprattutto a quelli più giovani, era che il commercio della droga che i clan tentavano di imporre in città nelle notti estive del divertimento, quel consumo di piccole dosi di fumo non è innocuo, ma degrada irreversibilmente ogni comunità. Ogni “canna” fumata tra amici sulla spiaggia, diceva, o ai tavolini di un bar, è solo l’ultimo gradino della scala del potere delle mafie. Un dominio basato sui pochi euro che un ragazzo spende per qualche grammo di sostanze. Ma che finisce per ingrossare il fiume di denaro in mano ai grandi trafficanti. Le sue ali dispiegate verso la bellezza vennero barbaramente spezzate da sette colpi di pistola la notte del 5 settembre 2010.

Le mafie hanno sterminati capitali raccolti soprattutto grazie al traffico di droga. Immense risorse che non possono restare ferme, che vanno reinserite nell’economia legale. Per questo diventano poi talmente impalpabili e sommerse da diventare invisibili, difficili da riconoscere. Digitano scontrini di cocktail, incassano ingressi in discoteca, servono pizze ai tavoli di ristoranti. Riforniscono di dosi di droga da consumare nel fine settimana. Migliaia di clienti, soprattutto giovani, inconsapevoli anelli di una gigantesca catena di business e riciclaggio: impercettibili battiti d’ali di farfalla che muovono un apparentemente lontano ingranaggio criminale che rafforza il potere delle mafie e mette a rischio le economie dei territori, i diritti di chi li abita.

Secondo la National Crime Agency, ogni anno in Gran Bretagna vengono riciclati tra 36 e 90 miliardi di sterline (circa 40-100 miliardi di euro), dal 2 al 5% del Prodotto interno lordo britannico. Sono soldi frutto di tangenti e corruzione, ma il polmone economico che permette di accumulare queste immense risorse e di reinvestirle in attività finanziarie, commerciali o immobiliari è il narcotraffico. Montagne di denaro con cui le mafie irrompono nella vita economica, sociale e culturale di piccole e grandi comunità e perfino di interi Paesi, fino a a metterne in pericolo la tenuta democratica e il rispetto dei diritti umani e civili.

Accade, per esempio, in Messico, dove in nome di una “narcoguerra” lanciata contro i signori e i cartelli della droga, c’è da oltre 10 anni un impiego delle forze armate e di polizia che ha condotto alla militarizzazione del Paese e all’aumento esponenziale delle violazioni ai diritti umani: sparizioni forzate, tortura, esecuzioni extragiudiziarie come strategie di controllo di massa. Una cosiddetta “lotta” ai cartelli della droga che ad oggi registra 200 mila morti e oltre 31 mila desaparecidos. Gente comune coinvolta in un conflitto armato non riconosciuto ufficialmente e che per nulla ha influito sul business delle droghe, che continuano a fluire massicciamente verso gli Stati Uniti, principale mercato di consumo del mondo.

Ma il tema del narcotraffico si evidenzia anche nell’inquietante lettura che il giornalista Enrico Piovesana propone nel suo libro “Afghanistan 2001-2016. La nuova guerra dell’oppio”, pubblicato lo scorso anno dalla Casa Editrice Arianna di Bologna.

E’ solo una questione di consapevolezza. Che riguarda tutti. Vittime di conflitti in nome della lotta alla droga o cittadini privati dei loro diritti per gli effetti devastanti dell’entrata dei narcomilioni nelle economie dei territori. Nel 2013, ne forniva un efficace esempio la video-inchiesta “Senza Regole”, focalizzata sull’avanzata criminale, economica e culturale delle mafie in Emilia-Romagna.

Tutto questo va al di là e prescinde da ogni giudizio sul consumo delle sostanze, su leggi attese e mai partorite per sradicare un business miliardario e criminale, su liberalizzazione o proibizione. Ciò che conta, prima di ogni giudizio, qui e ora, è comprendere cosa determinano i consumi, chi finanziano, quale sistema criminale rafforzano. Milioni di battiti d’ali di farfalla.

Non più ignari, c’è da augurarsi, e inconsapevoli.

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